diFederico Nicoletti
Investimenti hi-tech, dopo il colosso americano Intel si profila un’altra doccia fredda: per l’azienda di Singapore microchip in Piemonte
Si profila la seconda doccia fredda per il Veneto, sui maxi-investimenti dall’estero nei settori hi-tech. Dopo il caso del colosso americano Intel, dato per assegnato a settembre di due anni fa, negli ultimi giorni del governo Draghi, a Vigasio, l’area veronese all’incrocio autostradale tra A4 e A22 e poi scomparso dai radar, ora lo scenario che si profila è che finisca altrove anche il «piano B» nato in alternativa. Ovvero l’investimento dell’azienda hi-tech di Singapore Silicon Box, attivo nel settore di frontiera dei chiplet, i piccoli semiconduttori, dimensioni anche di un granello di sabbia, con cui formare processori capaci di alimentare dai data center agli elettrodomestici.
Ebbene, l’altro ieri, giovedì 19 giugno, l’agenzia britannica Reuters, la stessa che due anni fa diede per fatta Intel a Vigasio, ha annunciato che l’azienda di Singapore sta per scegliere per lo stabilimento italiano il Piemonte, e nello specifico la zona di Novara, tra Torino e Milano, preferendola alle due scelte alternative in Lombardia e Veneto (per estensione, s’era ipotizzato si trattasse sempre di Vigasio). Ha aggiunto, Reuters, che per una delle sue due fonti la scelta sarà ufficializzata venerdì prossimo da azienda e ministero Imprese, che, per l’agenzia, ha declinato commenti.
Investimenti e occupazione
Il progetto è quello annunciato in pompa magna a Roma a marzo dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che era poi giunto nei giorni successivi al G7 dell’industria a Verona, con i rappresentanti dell’azienda. Nei mesi successivi Urso aveva poi più volte detto che l’azienda non aveva ancora deciso dove localizzare il progetto. Che, secondo gli elementi emersi, prevede investimenti per 3,2 miliardi di euro, con 1.600 posti diretti.
Chiaro che la prospettiva di perdere un investimento di questa portata rappresenti l’ennesima doccia gelata. Anche perché nelle valutazioni sarebbero entrate ragioni industriali e logistiche più favorevoli a Novara, dove la presenza di numerose aziende di microelettronica costituirebbe una base industriale e di professionalità più favorevole. Sul punto declina commenti la presidenza della Regione, che con il governatore Luca Zaia ha seguito in prima persona la partita. Filtra comunque una certa frustrazione, anche per un supposto atteggiamento nei fatti favorevole al Piemonte degli alleati di Fratelli d’Italia.
La perdita per il Veneto
Sul fronte degli industriali, rimanda ad una valutazione più approfondita il leader regionale di Confindustria, Enrico Carraro. «Ad un’azienda importante dico sempre di non avere rimpianti», dice invece al volo il vicepresidente di Confindustria, Vincenzo Marinese, che poi aggiunge, sul tema dell’ecosistema a Nordest meno favorevole: «Il Piemonte è senz’altro area interessante; ma anche il Veneto è una regione con 189 miliardi di Pil, per il 40% dall’export, e un ampio ventaglio di specializzazioni industriali».
Il peso di quanto ci sia in ballo con la perdita per il Veneto dell’insediamento di Silicon Box lo declina con chiarezza l’industriale Alberto Baban, presidente della rete d’imprenditori-investitori Venetwork. Che parte proprio dal punto della scelta determinata dal contesto industriale: «Con il 40% di finanziamenti pubblici a fondo perduto a sostegno dell’iniziativa non è sostenibile che la scelta sia determinata solo dall’azienda. Il governo ha ovviamente voce rilevante in capitolo: bisogna citofonare a Roma per capire come sia stata orientata la scelta tra Piemonte, Lombardia e Veneto. Anche perché non è possibile dire che il Veneto sia inferiore a Novara come contesto industriale». Baban fa notare come Novara sia più vicina a Milano che a Torino; localizzazione, alla fine, che può accontentare sia Piemonte che Lombardia: «Resta che Milano e la sua cintura sono più attrattive; e resta la questione del perché il Veneto alla fine arrivi sempre in fondo, ma sia battuto. Sono ovviamente contento che l’investimento arrivi in Italia; ma c’è anche un tema di rappresentanza territoriale: questo sarebbe un esito doloroso, una sconfitta».
Sfida a tre livelli
Sullo sfondo, la partita della competizione territoriale per attrarre i maxi-investimenti hi-tech, incrociata con l’arrivo dell’autonomia. Sfida a tre livelli, dice Baban: «Quella internazionale, tra gli Stati, ma anche tra i territori entro questi. Con l’anomalia, nel caso italiano, che i fondi decisivi per decidere dove insediare gli stabilimenti, sono nazionali. Benvenuti nella nuova era dell’autonomia: queste sfide saranno all’ordine del giorno».
Da ultimo la voce di Federico Visentin, l’imprenditore alla guida del gruppo vicentino della componentistica auto Mevis, che in passato aveva spinto sulla necessità di attrarre i player cinesi dell’auto elettrica: «Intanto vediamo come si concluderà la vicenda e in ogni caso è positivo che l’investimento arrivi in Italia – dice -. Poi, certo, anche in chiave di autonomia, c’è un fronte territoriale. E su questo vorremmo vedere segnali di una Regione in grado di seguire e chiudere positivamente questi dossier rilevanti».
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