L’acceso dibattito sull’autonomia differenziata ha evidenziato la centralità del principio di eguaglianza sostanziale e pari dignità sociale e degli strumenti necessari a garantire pari opportunità e concrete speranze di riscatto e promozione sociale anche a chi vive in territori svantaggiati. La riforma costituzionale del 2001 ha individuato nel federalismo fiscale uno degli strumenti fondamentali per conseguire l’unità giuridica ed economica della Repubblica e la realizzazione del principio di uguaglianza, attraverso un equo contemperamento tra valorizzazione dell’autonomia finanziaria regionale e salvaguardia delle esigenze unitarie, solidarietà interistituzionale e responsabilità.
La spesa storica
L’efficiente funzionamento del federalismo fiscale poggia sul superamento del sistema di finanza derivata basato sul criterio della spesa storica, nell’ambito del quale gli amministratori regionali non dovevano prelevare dalle proprie collettività le risorse necessarie a finanziare la spesa, ma ricevevano dallo Stato trasferimenti di importo pari a quello dei costi sostenuti negli anni precedenti. Di conseguenza non dovevano rispondere al proprio corpo elettorale degli sprechi e della gestione inefficiente e non avevano incentivi a razionalizzare la spesa. Per favorire la responsabilizzazione degli amministratori territoriali nel nuovo sistema il finanziamento delle funzioni regionali è garantito da risorse proprie delle regioni e da trasferimenti correlati ai costi efficienti delle prestazioni fondamentali, ossia delle spese necessarie al netto di sprechi ed inefficienze, ed alla capacità fiscale, ossia al livello di gettito che le regioni possono ricavare dai propri contribuenti applicando le aliquote standard dei tributi derivati.
I divari del paese
I divari tra le diverse aree del Paese dovrebbero essere rimossi attraverso l’autonomia tributaria, che consente alle regioni di calibrare il prelievo in funzione delle specifiche esigenze territoriali, i trasferimenti perequativi volti a garantire l’uniformità dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali sull’intero territorio nazionale e ad integrare le risorse fiscali dei territori più svantaggiati, la perequazione infrastrutturale diretta a rimuovere il deficit di opere pubbliche ed infrastrutture delle aree più arretrate del paese, gli interventi speciali e le risorse aggiuntive destinate a “promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale e favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona”, e le risorse specificamente dirette a compensare gli svantaggi strutturali permanenti, i costi dell’insularità e i livelli di reddito pro capite inferiori alla media nazionale.
L’insieme di questi strumenti dovrebbe garantire l’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche e una equa proporzione tra il prelievo tributario e i servizi erogati, la ripartizione delle risorse finanziarie tra regioni ed enti locali nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale, il graduale superamento del deficit infrastrutturale, dei divari di capacità fiscale e delle disuguaglianze tra le varie aree territoriali del paese nella fruizione di servizi e prestazioni pubbliche, preservando al contempo adeguati incentivi per gli amministratori locali a gestire in maniera efficiente il prelievo fiscale e le risorse.
I trasferimenti perequativi dovrebbero, infatti, consentire a ogni regione, qualunque sia il gettito tributario ricavabile dalle relative collettività, di finanziare integralmente adeguati livelli qualitativi e quantitativi di prestazioni pubbliche essenziali in condizioni di efficienza ed appropriatezza.
Coprire la spesa
Le regioni che sosterranno costi più alti dovranno coprire autonomamente l’eccesso di spesa, sottraendo risorse ad altre prestazioni o servizi, aumentando la pressione fiscale o introducendo forme di compartecipazione dei cittadini al costo delle prestazioni (come ad esempio i ticket sanitari). Questo sistema mira ad attivare un circolo virtuoso che porti alla responsabilizzazione degli amministratori locali, che dovranno rendere conto alle proprie collettività degli incrementi di pressione fiscale e dell’aumento del costo delle prestazioni pubbliche. Tuttavia la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale ha rilevato che “il processo volto alla compiuta affermazione dei principi del federalismo fiscale è stato caratterizzato da ritardi, incertezze, soluzioni parziali e reiterati differimenti”
Negli ultimi anni sono stati individuati alcuni livelli essenziali delle prestazioni nel settore sociale (asili nido, trasporto di alunni disabili, servizi sociali di sollievo e di supporto, c.d. reddito di inclusione), delle politiche attive, dell’istruzione e della formazione, ed alcune recenti disposizioni hanno previsto l’istituzione di ulteriori LEP con riferimento alla disabilità, alla non autosufficienza al governo del territorio e alla tutela dell’ambiente, che, tuttavia, sono in attesa dei provvedimenti attuativi.
I 250 livelli di prestazioni
Di recente il Comitato LEP ha individuato oltre 250 livelli essenziali delle prestazioni, avviando l’iter per la loro definitiva adozione, e la legge di bilancio per il 2023 ha prescritto la determinazione delle soglie minime di prestazioni pubbliche e di spesa nelle sole materie di interesse per l’autonomia differenziata.
Tuttavia restano da definire molti profili fondamentali del nuovo sistema di finanza pubblica, l’attuazione del nuovo regime dell’autonomia tributaria regionale è stata rinviata più volte ed il sistema di finanziamento delle regioni ordinarie è rimasto sostanzialmente quello precedente alle disposizioni di attuazione del federalismo fiscale.
Un percorso ancora incerto
In definitiva la riforma costituzionale sta entrando in vigore gradualmente, a scaglioni, e attraverso un percorso ancora incerto, e alcune misure adottate negli anni precedenti hanno determinato notevoli riduzioni del gettito spettante a regioni ed enti locali, che in alcuni casi non sono state compensate attraverso proporzionali attribuzioni di risorse, ed hanno imposto agli amministratori locali l’obbligo, e la responsabilità, di ridurre i servizi pubblici, anche in assenza di “sprechi commisurati all’entità del taglio alle entrate”, o di aumentare la pressione fiscale locale sui propri contribuenti (Corte cost. 129/2016).
L’incompleta attuazione delle disposizioni costituzionali ha lasciato sostanzialmente inalterati i profondi divari territoriali: l’ultimo rapporto Istat evidenzia la persistenza di allarmanti disparità di natura economica ma anche socio-demografica, legata all’accesso ai servizi essenziali, alla capacità di produrre ricchezza, all’accessibilità ai servizi essenziali, come strutture ospedaliere e scuole.
Le riforme abilitanti
Un impulso all’attuazione delle disposizioni costituzionali dovrebbe derivare nel PNRR, che include il federalismo fiscale tra le “riforme abilitanti”, e ne prevede la definizione, a tappe, entro il 2026, con l’obiettivo di completare la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard, migliorare la trasparenza delle relazioni finanziarie tra i diversi livelli di governo, assegnare le risorse alle amministrazioni regionali e locali sulla base di criteri oggettivi e incentivare l’efficienza della gestione finanziaria.
L’esperienza del ventennale congelamento del federalismo fiscale dimostra che non basta una previsione normativa a realizzare gli obiettivi, ma il PNRR subordina l’erogazione delle risorse al concreto conseguimento degli obiettivi prescritti in termini di milestones e target , e il completamento della riforma costituisce quindi una condizione indispensabile per la fruizione delle ingenti risorse del piano. Questo stretto legame tra obiettivi risultati e risorse potrebbe costituire un potente incentivo all’attuazione di una riforma congelata da oltre venti anni. (riproduzione riservata)
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