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In arrivo modifiche alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato nella crisi d’impresa.

Tra le novità contenute nella bozza dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2024, è prevista la novella dell’art. 189 che disciplina il trattamento dei rapporti di lavoro subordinato in caso di liquidazione giudiziale.
A seguito di tale legge delega, infatti, è stato adottato il D.Lgs. n. 83/2022, in vigore dal 15 luglio 2022.

Pertanto, considerando il termine di ventiquattro mesi per l’approvazione del decreto contenente disposizioni integrative e correttivo, la scadenza era fissata al 15 luglio 2024.

Il decreto passa ora alle camere per il parere parlamentare.

Novità e semplificazioni in materia di lavoro subordinato nella liquidazione giudiziale

In materia di lavoro le modifiche più rilevanti riguardano i rapporti di lavoro subordinato in corso al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale disciplinati dall’art. 189 del Codice.

Diverse modifiche costituiscono migliorie terminologiche e di scrittura del testo normativo, altre invece hanno un impatto più rilevante.

La prima novità è costituita dall’eliminazione del primo periodo del primo comma il cui testo in vigore prevede che l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento.

La modifica non ha invero alcuna ricaduta sul piano sostanziale atteso che il trattamento dei rapporti di lavoro in atto alla data della sentenza tipizzato dalla norma esclude comunque che i rapporti di lavoro in atto alla data della sentenza dichiarativa possano essere risolti per il solo fatto che sia dichiarata l’apertura la liquidazione giudiziale.

I rapporti di lavoro in corso all’apertura di tale fase, infatti, sono sospesi fino a quando il curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, comunica ai lavoratori di subentrarvi, assumendo i relativi obblighi, ovvero il recesso.

Laddove invece sia stata autorizzata la continuazione dell’attività del debitore i rapporti di lavoro proseguono salva la facoltà del curatore di procedere al licenziamento o di sospendere i rapporti.

Peraltro, in quest’ultimo caso, ove il curatore optasse per il licenziamento, è esclusa l’applicazione dell’art. 189 per cui si applica l’ordinaria disciplina in materia di lavoro (v. infra).

In definitiva, una modifica che semplifica il testo della disposizione ma senza alcun effetto sul destino dei rapporti di lavoro.

Viene poi inserito l’aggettivo “previa” all’autorizzazione che deve essere rilasciata al curatore affinché egli possa comunicare il subentro o il recesso nel rapporto di lavoro.

Attualmente è previsto che tale decisione sia possibile “con” l’autorizzazione, quasi a voler far immaginare la possibilità che il curatore possa procedere al subentro o al recesso senza aver ottenuto prima l’autorizzazione e magari consentirne la ratifica.

Anche in questo caso la modifica non pare possa comportare ricadute atteso che non vengono modificate le prerogative degli organi della liquidazione giudiziale.

La modifica è stata apportata per migliorare il testo normativo in quanto il curatore, anche secondo la disposizione attualmente vigente, non può procedere al subentro senza aver prima avuto l’autorizzazione del giudice delegato ed aver sentito il comitato dei creditori prima di subentrare o recedere nei rapporti di lavoro.

Tutt’altro impatto è invece la modifica del comma 2 che sopprime l’obbligo del curatore di procedere alla trasmissione dell’elenco dei lavoratori all’Ispettorato territoriale del lavoro.

Si tratta di un adempimento che, una volta concluso l’iter di approvazione ed entrata in vigore del decreto, snellirà le attività iniziali del curatore eliminando un obbligo che non appariva di grande utilità per la tutela dei rapporti di lavoro.

Viene altresì eliminata la previsione che il curatore debba procedere senza indugio al recesso dai rapporti di lavoro subordinato quando comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti l’assetto dell’organizzazione del lavoro.

La modifica è frutto della modifica apportata al primo periodo del comma 3 in cui non è più lasciata al curatore una valutazione circa la (im)possibilità di continuazione dell’impresa quale presupposto per il recesso.

Il nuovo testo prevede in maniera puntuale che il recesso deve essere comunicato per iscritto ove non sia stata disposta né autorizzata la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa (dunque non più una possibilità ma l’assenza di un’autorizzazione o della previsione di continuazione nella sentenza che ha dichiarato la liquidazione giudiziale) e non è possibile il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo.

Rimane dunque possibile una valutazione da parte del curatore ma solo in merito alla possibilità del trasferimento dell’azienda o di un suo ramo.

Tale ultima previsione è evidentemente legata alle attività del curatore che facciano intravedere una possibile circolazione dell’azienda ed appare peraltro coerente con la possibilità di proroga del termine di quattro mesi per la risoluzione di diritto dei rapporti di lavoro prevista dal comma 4.

A tal proposito, viene eliminata la deroga di cui al comma 6, cioè quella che riguarda i licenziamenti collettivi.

Tale previsione pare faccia discendere l’applicazione della risoluzione di diritto anche in caso di licenziamento collettivo cioè nel caso in cui l’impresa rientri nelle condizioni di cui al primo periodo del comma 6 ovvero nel caso di datore di lavoro che abbia fatto ricorso alla CIGS (art. 4 l. n. 223/1991) ovvero che abbia in forza più di quindici lavoratori e che il recesso riguardi almeno cinque lavoratori nell’arco di 120 giorni (art. 24 l. 223/1991).
Va tuttavia valutata la compatibilità di una eventuale esclusione dalla procedura con il diritto dell’Unione europea in materia di licenziamenti collettivi (Direttiva 98/59/CE del Consiglio sul riavvicinamento delle legislazioni dei paesi dell’Unione europea in materia di licenziamenti collettivi) che non pare consentire deroghe al coinvolgimento sindacale neanche nell’ipotesi di procedure concorsuali posto che si considera applicabile non solo ai licenziamenti ma a qualsiasi cessazione del rapporto di lavoro non voluta dal lavoratore e, quindi, senza il suo consenso (Corte di Giustizia UE, I Sez., 11 novembre 2015, causa C-422/14, Commissione/Portogallo, C_55/02, EU:C:2004:605, punti da 49 a 51, nonché Agorastoudis e a., da C_187/05 a C_190/05, EU:C:2006:535, punto 28).

Rimanendo sul comma 3 dell’art. 189, viene aggiunta la previsione che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro prima della scadenza del periodo di sospensione o in caso di risoluzione di diritto allo spirare del medesimo termine, non è dovuta dal lavoratore la restituzione delle somme eventualmente ricevute, a titolo assistenziale o previdenziale, nel periodo di sospensione.

Tale previsione è utile in quanto la risoluzione del rapporto di lavoro ha effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale e potrebbero esserci casi in cui alla data anzidetta il lavoratore o la lavoratrice siano stati assenti per cause che danno diritto a prestazioni previdenziali ed assistenziali a carico di enti (es. malattia).

Coerentemente con l’eliminazione della comunicazione all’Ispettorato del lavoro dell’elenco dei lavoratori sparisce dal comma 4 la prerogativa del direttore di poter chiedere la proroga del termine ordinario di sospensione.

Inoltre, non è più necessario che la proroga debba essere richiesta dagli aventi diritto (curatore o lavoratori) “a pena di inammissibilità” almeno 15 giorni prima del termine di scadenza.

Un’altra modifica rilevante è quella relativa alle conseguenze dell’eventuale accoglimento dell’istanza di proroga richiesta dal singolo lavoratore.

La proroga, in tal caso, si estende a tutta la platea di lavoratori e non solo al lavoratore istante come attualmente previsto.

Non è più previsto, inoltre, che allo spirare del nuovo termine assegnato dal giudice delegato al curatore, qualora questi non abbia proceduto al subentro, venga riconosciuta l’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a otto mensilità.

In buona sostanza la proroga determinerà semplicemente un maggior termine per procedere al subentro, al recesso ovvero alla risoluzione di diritto del rapporto o dei rapporti di lavoro, ma senza alcuna indennità economica a favore dei lavoratori.

Non cambia la procedura in materia di licenziamenti collettivi prevista dal comma 6 dell’art. 189.

Viene però inserito un nuovo comma all’art. 189 (è il comma 7 che, di conseguenza, porta alla rinumerazione degli attuali commi da 7 a 9) che prevede l’inapplicabilità per i licenziamenti collettivi nella liquidazione giudiziale della disciplina prevista dall’art. 1, commi da 224 e 238, della l. n. 234/2021 ordinariamente applicabile ai datori di lavoro che nell’anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente nell’anno precedente almeno 250 dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti.
Sempre in merito alla disciplina appena descritta prevista dalla l. n. 234/2021 è prevista un’importante novità, questa volta applicabile non solo nel caso di liquidazione giudiziale.
Più specificamente è stato modificato il comma 226 della norma indicata, con la espressa indicazione della esclusione dall’ambito di applicazione dei commi da 224 a 238 i datori di lavoro che si trovano nelle condizioni di cui agli articoli 2, comma 1, lettere a) e b) e 12 del D.Lgs. n. 14/2019.

Come si può notare, l’esclusione non riguarda solo le imprese in liquidazione giudiziale ma tutti coloro che si trovano in uno stato di crisi o di insolvenza secondo la definizione del codice, nonché per quelli che hanno fatto accesso alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa mediante cioè con la nomina dell’esperto.

Tornando all’art. 189, le modifiche all’attuale comma 8 (il futuro comma 9, a seguito della richiamata rinumerazione) migliorano il testo normativo specificando che l’indennità di preavviso a favore del lavoratore spetta in tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro, mentre l’attuale versione indica le diverse ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro.

Coerentemente, viene modificato anche l’ultimo periodo del comma in parola nella parte che indica i casi in cui è dovuto il contributo NASpI in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

Si ribadisce, comunque, che le modifiche non comportano ad avviso di chi scrive conseguenze sul diritto all’indennità di preavviso e neanche sull’obbligo contributivo di cui all’art. 2, c. 31, l. n. 92/2021.

La modifica all’attuale comma 9 (in futuro comma 10) che si occupa della disciplina applicabile in caso di prosecuzione dell’attività del debitore, infine, specifica in maniera chiara che solo in caso di sospensione si applicano le disposizioni dell’art. 189.

Pertanto, come anticipato supra, nelle ipotesi di prosecuzione dell’esercizio dell’attività d’impresa. salvo che il curatore si sia avvalso della facoltà di sospendere i rapporti di lavoro, non si applicano le disposizioni dell’art. 189 e quindi le ordinarie regole dell’ordinamento che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato.

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