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Egregio direttore,

mi rivolgo a Lei per denunciare quello che stanno subendo centinaia di donne calabresi, vittime come la sottoscritta della burocrazia politicizzata nella nostra martoriata Calabria. Non avrei mai pensato di ritrovarmi a scrivere questo mio lungo sfogo. Certo, scrivo “sfogo” perché è l’unica parola adatta a descrivere ciò che andrò a raccontarvi. Dopo essermi diplomata, circa dieci anni fa e con il massimo dei voti, un improvviso tumore maligno si portò via mio padre. Una tragedia per molti in Calabria, ormai purtroppo divenuta tragica routine, ma con mia madre casalinga e anche lei di salute cagionevole dovetti per forza di cose rinunciare ad iscrivermi all’università. Di conseguenza l’unica scelta, in pratica obbligata, fu quella di iniziare a lavorare. Si sa, in Calabria o hai un impiego pubblico o hai qualche “santo in paradiso”, per il resto il lavoro da dipendente è per lo più stagionale e sfruttato.

Comunque, grazie al fatto di aver studiato diverse lingue, almeno riuscii a inserirmi nel settore della ricezione turistica. In ogni caso, dopo aver rinunciato al mio sogno di conseguire una laurea, capii subito che con il solo stipendio da stagionale e la disoccupazione prima o poi avrei avuto grandi difficoltá per condurre una vita dignitosa. Il lavoro stagionale in Calabria è da sempre terreno fertile per lo sfruttatore di turno, quello che, di anno in anno, ti promette che il prossimo sarà l’anno buono per un aumento e poi, invece, ti ritrovi con lo stesso stipendio che ti fa tirare a campare a costo di immani sacrifici personali. Quindi, valutato questo, col tempo mi convinsi che l’unica soluzione era quella di mettermi a lavorare in proprio, alla prima buona occasione si fosse presentata. Dopo oltre dieci anni di lavoro dipendente e stagionale, tra alti e bassi, l’anno scorso sembrava fosse finalmente giunta l’occasione tanto attesa e desiderata.

Tramite una mia amica, ad ottobre vengo a conoscenza del progetto “Yes i start up Calabria Donna”, un’iniziativa promossa dalla Regione Calabria – Dipartimento lavoro e welfare col supporto dell’ente nazionale per il microcredito finalizzato a promuovere e sostenere l’autoimpiego e l’autoimprenditorialitá delle donne calabresi.

Sinceramente, da calabrese, sapevo che la burocrazia regionale è una palude viscida e appiccicosa, ma mi ero autoconvinta (o per meglio dire illusa) che questa volta la fortuna sarebbe stata benevola. Nulla di più sbagliato. Intanto per partecipare al finanziamento, mi dovetti obbligatoriamente iscrivere ad un corso gratuito e, dopo circa un mese e mezzo, con il mio tutor preparammo il mio progetto imprenditoriale tenuto per anni chiuso nel cassetto. Ovviamente, non avendo una laurea da spendere e avendo ormai oltre dieci anni di esperienza nel settore turistico-ricettivo, il mio progetto si basava su questo stesso settore. Ma qui arriva il famoso “muro di gomma” della burocrazia calabrese: i suoi tempi ad orologeria.

Infatti, terminato lo scorso dicembre il corso preliminare, da oltre sei mesi la sottoscritta ed altre centinaia di donne calabresi attendiamo invano la pubblicazione ufficiale del bando regionale. Ciò è indispensabile per poter presentare le nostre domande e, valutati i business plane, essere convocati per il colloquio che, se positivo, darebbe il via alla messa in opera. A questo punto però mi pongo alcune domande: arrivati ormai a giugno e con la stagione turistica estiva ormai saltata, chi sarebbe il pazzo o la pazza che andrebbe ad impelagarsi in una situazione imprenditoriale come quella appena descritta? Tra tasse, contributi, affitti, bollette e spese varie i progetti dovrebbero essere operativi con almeno un trimestre di anticipo. Ma qui ora viene il bello, si fa per dire.

Egregio direttore, andando a vedere chi è il dirigente che ha firmato la bozza preliminare del progetto noto che è un certo Roberto Cosentino. Dai giornali scopro che il dottor Cosentino è candidato alla carica di Sindaco alle prossime elezioni comunali di Vibo Valentia. Spero vivamente che la politica non c’entri nulla con i ritardi della burocrazia calabrese. Sarebbe criminale far marcire migliaia di potenziali imprenditori e, se così fosse, ciò sarebbe di una gravità assoluta. Purtroppo, poco alla volta, gli anni passano e con loro i sogni di gran parte di noi giovani calabresi. Oggi io scrivo questo mio ultimo sfogo da lidi lontani perché, alla fine, costretta a lasciare per sempre la mia amata Calabria.

Lettera firmata

 

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