Con un decreto emesso a marzo del 2018, il Giudice Tutelare del Tribunale di Vercelli ha stabilito che l’amministratore di sostegno decide sulla casa di risposo della persona assistita, anche se quest’ultima non è d’accordo e senza bisogno di una dichiarazione di interdizione. Vediamo insieme il caso sottoposto al Tribunale e i motivi della sentenza (scopri le ultime notizie su Invalidità e Legge 104, categorie protette, diritto del lavoro, sussidi, offerte di lavoro e concorsi attivi. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
L’amministratore di sostegno decide sulla casa di riposo: il decreto del Tribunale di Vercelli
Nel marzo del 2018, il Giudice Tutelare del Tribunale di Vercelli ha emesso un decreto, stabilendo che l’amministratore di sostegno decide sulla casa di riposo.
Permette, in sostanza, di ricoverare il beneficiario in una struttura di cura, anche contro la sua volontà e senza bisogno di una pronuncia di interdizione.
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Il caso sottoposto al Tribunale
Il caso riguarda un’anziana signora affetta da demenza senile, priva di qualsiasi supporto familiare, per la quale era stata disposta la misura di protezione dell’amministrazione di sostegno.
L’amministratore di sostegno, dopo aver visitato la residenza della beneficiaria, ha relazionato al Giudice Tutelare una situazione critica: oltre alla malattia, la donna viveva in condizioni di solitudine e abbandono.
Richiesta di ricovero in RSA
Dopo un’attenta valutazione della situazione, l’amministratore di sostegno ha richiesto al Giudice il conferimento dei poteri per ricoverare la signora in una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale), poiché la sua incolumità era seriamente a rischio.
Le perizie mediche hanno confermato la gravità della situazione, e una visita del Giudice alla residenza ha ulteriormente verificato le difficoltà della donna.
Condizioni di vita della beneficiaria
Nonostante la signora possedesse un patrimonio significativo, viveva in un piccolo appartamento sporco e disadorno, mentre la sua abitazione più confortevole era occupata da altre persone.
La vita quotidiana della donna era caratterizzata da una totale segregazione domestica, senza la capacità di usare un telefono per chiedere aiuto e senza assumere i farmaci necessari per la sua malattia.
La casa mancava di strumenti di supporto per persone con mobilità ridotta e aveva un pericoloso fornello a gas.
Soluzione del ricovero
Il decreto del Giudice ha evidenziato che l’unica soluzione per la sicurezza della donna era il suo ricovero in una struttura protetta.
Non era possibile assumere un’assistente domestica per 24 ore al giorno, sia per le condizioni dell’appartamento che per altri problemi familiari.
Flessibilità dell’amministrazione di sostegno
Il Giudice ha chiarito che, nonostante il dissenso della beneficiaria, l’amministratore di sostegno decide sulla casa di riposo e può dare il consenso per il ricovero immediato in base all’art. 405, comma 5, n. 3 c.c., senza necessità di interdizione.
In condizioni simili, l’amministrazione di sostegno offre maggiore flessibilità e rapidità rispetto all’interdizione, che richiederebbe più tempo per essere attuata.
Applicazione dell’Art. 358 c.c.
In analogia con l’art. 358 c.c., che impedisce ai minori o agli interdetti di lasciare l’istituto senza permesso, lo stesso principio si applica ai beneficiari dell’amministrazione di sostegno.
La Legge n. 6/2004 ha introdotto questa misura per evitare le lunghe tempistiche dell’interdizione.
Dissenso del beneficiario al ricovero in RSA
Il dissenso del beneficiario non è una condizione indispensabile per l’azione dell’amministratore di sostegno.
Quest’ultimo deve tener conto delle esigenze del beneficiario e informarlo delle decisioni, relazionando al Giudice le eventuali obiezioni.
La Cassazione (Sez. I, n. 22602/2017) ha stabilito che, se il dissenso del beneficiario è causato dalla sua patologia, l’amministratore di sostegno decide sulla casa di riposo, perché deve comunque intervenire per tutelare i suoi interessi.
Conclusione
In questo caso, il dissenso della donna era stato debole e condizionato dal suo deterioramento psico-fisico e dall’influenza di altre persone.
L’amministratore di sostegno ha quindi agito correttamente, garantendo le cure necessarie alla donna in una struttura adeguata.
L’amministratore ha ricevuto il potere di dare il consenso per il ricovero immediato della beneficiaria nella casa di cura, in base all’art. 405, comma 5, nr. 3 c.c.
FAQ sull’amministratore di sostegno
Qual è la differenza tra tutore e amministratore di sostegno?
Mentre il tutore si occupa della custodia del minore, lo rappresenta in tutte le questioni civili e gestisce i suoi beni, l’amministratore di sostegno offre una tutela che va oltre la sola gestione patrimoniale, estendendosi anche agli aspetti “personali” dell’assistito.
Chi può essere nominato amministratore di sostegno?
Può essere nominato amministratore di sostegno:
- un parente entro il quarto grado, compresi i genitori, i fratelli, le sorelle o i figli;
- il coniuge, purché non sia separato, oppure il convivente;
- un soggetto terzo, designato dalla stessa persona disabile, che solitamente è un avvocato o un curatore patrimoniale.
Chi può richiedere l’amministratore di sostegno?
La domanda di amministrazione di sostegno può essere presentata alla cancelleria del Tribunale da:
- la stessa persona disabile che richiede l’amministrazione di sostegno;
- un familiare, purché entro il quarto grado di parentela;
- il coniuge o una persona stabilmente convivente;
- il Pubblico Ministero, qualora decidesse di procedere;
- il tutore o curatore, se la persona da amministrare sia già sottoposta a provvedimento di inabilità oppure interdetta.
Se la persona è stata riconosciuta inabile o interdetta, insieme alla domanda per amministrazione di sostegno deve essere presentata anche la richiesta di revoca dell’istanza precedente.
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