diGino Pagliuca
Secondo il report i contratti di lunga scadenza sono stati 34.001, ma di questi solo 2.015 a canone concordato, mentre per la locazione a canone libero hanno optato 31.985 proprietari
Pensare che i canoni di locazione concordati possano contribuire a limitare l’emergenza casa a Milano è completamente irrealistico. Lo dimostrano una volta di più gli ultimi dati ufficiali sui contratti di affitto stipulati in città. Sono riferiti a tutto il 2023 e li presenta il rapporto immobiliare residenziale stilato dall’Agenzia delle Entrate e dall’Associazione bancaria italiana.
Secondo il report i contratti di lunga scadenza sono stati 34.001, ma di questi solo 2.015 a canone concordato, mentre per la locazione a canone libero hanno optato 31.985 proprietari. Significa che per ogni agevolato se ne stipulano poco meno di 16 a canone ordinario e oltretutto verosimilmente i contratti concordati sono in buona parte proposti da enti e fondazioni mentre i proprietari privati sono ben pochi. Volendo vedere le cose in termini positivi si può notare che la proporzione è migliore di quella del 2022, perché a fronte di un lievissimo aumento dei concordati gli ordinari sono diminuiti di quasi tremila unità ma nella sostanza nemmeno questa è una buona notizia, perché significa che in piena emergenza mutui 3.000 famiglie in meno hanno trovato una sistemazione a Milano.
I motivi del flop stanno sempre nel report: il canone medio degli appartamenti a canone libero si è attestato a 194,2 euro al metro quadrato per anno, quelli concordati a 130,7 con una differenza del 48,6% mentre il vantaggio fiscale offerto dall’agevolato è stimabile indicativamente nel 15% (11% grazie all’aliquota ridotta della cedolare secca, dai 4 ai 6 punti grazie allo sconto del 25% sull’Imu). E che le cose stiano così lo mostrano i dati di Roma: le abitazioni locate a canone ordinario sono state 11.828, con un costo medio medio di 142,3 euro/metro/anno, quelle a canone concordato 29.322, con un affitto da 133,9 euro. C’è una differenza quindi solo del 6,2%, ampiamente compensato dai benefit fiscali. Di peso del tutto insignificante i contratti concordati stipulati nella nostra città a studenti universitari: solo 840.
Ricordiamo che i canoni concordati sono determinati dall’accordo tra associazioni di proprietari, inquilini e Comune e che a Milano l’ultima revisione, al rialzo, risale al 20 settembre scorso ma da allora si sono alzati anche i canoni di mercato. Per quanto riguarda gli affitti brevi, il report nulla dice per la semplice ragione che computa i contratti registrati mentre le locazioni fino a 30 giorni non hanno obbligo di registrazione.
In compenso il rapporto dice molto su compravendite e mutui. Sulle transazioni il dato fondamentale, il calo del 13,2%, era già noto. Ma ora si aggiungono due altri numeri molto interessanti: nei Comuni della cintura urbana sono calate dell’11,1% e quelle nel resto della provincia dell’8,2%, ovvero dove i prezzi sono minori anche la crisi pesa meno.
Il fatturato delle vendite a Milano città è stimato per il 2023 in 9.485 milioni di euro, sulla base di un costo medio per appartamento di 382 mila euro. Per la prima volta il capoluogo lombardo stacca nettamente la Capitale, il cui giro di affari si è fermato a 8.760 milioni. Un gap dovuto al fatto che a Milano i prezzi sono cresciuti a Roma no. Il giro d’affari della provincia è stimato in 7.182 milioni, per un costo medio di 171 mila euro per alloggio. In tutto quindi Milano e provincia hanno registrato un giro d’affari di 16,6 miliardi di euro, il 15% circa del totale nazionale stimato in 111,1 miliardi.
Infine i mutui. L’aumento dei tassi ha fatto sì che la quota di acquisti finanziata sia scesa al minimo storico, sia a livello nazionale, con il mutuo intervenuto a supporto della transazioni solo nel 38% dei casi, sia sul mercato milanese, dove la quota dei finanziamenti è stata del 44,9%. contro il 57,7 del 2022. Il finanziamento medio a Milano è stato di 225.500 euro. Se calcoliamo su questa cifra la rata mensile di un finanziamento oggi a 30 anni a tasso fisso si ricava una rata da circa 1.000 euro, compatibile con un reddito mensile minimo di 3.000 euro e una disponibilità in contanti di almeno 70 mila euro.
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