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“Entro giugno sarà tutto pienamente definito”. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, prova a tranquillizzare la manifattura italiana. Durante un incontro con il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, il ministro si deve barcamenare tra il pressing delle imprese per vedere sbloccati al più presto gli incentivi di Industria 5.0 – quasi tredici miliardi di euro con cui innovare la produzione abbattendo i costi energetici – e le cautele della Ragioneria generale dello Stato: al centro delle attenzioni dei tecnici del Tesoro ci sono i bonus che le imprese riceveranno sotto forma di crediti d’imposta, uno strumento già drammaticamente noto per aver causato l’inarrestabile voragine dei bonus edilizi sul fronte dei conti pubblici.

Pannelli fotovoltaici da mettere sui tetti dei capannoni per autoprodurre l’energia, software di progettazione digitale, postazioni di lavoro ad altezza regolabile, carrelli a guida autonoma, magazzini che si autogestiscono, joystick hi-tech e sistemi di autoavvitatura. Tra i possibili interventi ammessi ci sono persino i cosiddetti ‘gemelli digitali’. Ovvero il digital twin con cui un progetto industriale prende vita grazie all’intelligenza artificiale che simula il processo di produzione del prodotto tenendo presente qualsiasi evenienza: incidenti sul lavoro, errori umani e di progettazione, interruzioni delle forniture, spedizioni inefficienti, temperature troppo alte in estate o troppo basse in inverno, scarsità di materie prime e scorte eccessive. Uno strumento altamente innovativo con il quale i manager possono ‘prevedere’ al millimetro (e soprattutto al centesimo) i problemi e i costi che affliggeranno il futuro stabilimento una volta costruito ed entrato in funzione. Solo così è possibile intervenire per tempo e abbattere i cosiddetti ‘costi di transazione’. Un sogno per qualsiasi ingegnere gestionale.

E poi ancora: sistemi di scaffalatura, carrelli portamateriali, alberi di precisione, pattini e rotaie di guida. Rulli, ingranaggi e pompe. Sistemi di monitoraggio per tenere sotto controllo i consumi energetici. Robot, invece che operai specializzati, in grado di lavorare durante le estati torride: superata una certa temperatura, i contratti collettivi prevedono la sospensione del lavoro da parte delle maestranze, a tutela della salute del lavoratore. Le macchine si fermano, tutti a casa. Se però il lavoro è eseguito da robot manifatturieri, allora la fabbrica resta aperta, la produzione non si ferma e l’economia del paese non ne risente.

Non è un futuro distopico, ma una realtà già ben presente per l’industria italiana. Per procedere al grande salto di qualità, però, servono incentivi. Vantaggi e sostegni pubblici con cui orientare la grande trasformazione. Se prima il focus era interamente sull’innovazione tecnologica – con gli investimenti di Industria 4.0 – ora quest’innovazione, in ossequio agli obiettivi del Green Deal dell’Unione Europea, viene orientata in una direzione più sostenibile sul fronte ambientale, con un paradigma 5.0. Tra Pnrr, RepowerEu e risorse nazionali in legge di bilancio, il governo Meloni, lo scorso dicembre, ha messo insieme 12,7 miliardi di euro. La metà per rinnovare Industria 4.0, secondo linee già esistenti dal 2017 a oggi. L’altra metà – i fondi del Repower – per introdurre la 5.0. Nel secondo caso, però, dalle parole non si è ancora passati ai fatti.

Gli interventi di cui sopra, secondo le regole approvate, devono essere effettuati dalle imprese entro il 31 dicembre 2025, pena la perdita degli incentivi collegati al Pnrr. Le industrie interessate devono ordinare e ricevere in consegna gli impianti e le macchine entro la fine dell’anno prossimo. Devono innovare, ma anche ridurre i consumi energetici della struttura produttiva di almeno il 3% o il 5%. All’interno del quadro degli incentivi previsti, si possono agevolare anche gli impianti per l’autoproduzione di energia rinnovabile destinata alla propria fabbrica, con la possibilità di accedere a un ‘superincentivo’ per i pannelli prodotti in Europa – basti pensare a quelli assemblati nell’impianto gigafactory di Catania – e che godono del massimo livello di efficienza energetica: la loro installazione è finanziata dallo Stato tramite bonus che possono coprire il 120-130% dell’investimento. Ed è proprio l’anatomia di alcuni di questi strumenti che ha fatto prendere tempo agli uffici tecnici dei ministeri, in particolare in Via XX Settembre. C’è da tenere sotto controllo la portata effettiva degli incentivi assicurati a chi ne fa domanda. Per non ritrovarsi brutte sorprese, per i conti pubblici, come avvenuto col Superbonus: 150 miliardi di euro di spesa totale a fronte di 36 previsti in origine, quando il 110% fu licenziato dal governo Conte.

“Su Industria 5.0 – assicura Urso, appena terminato il primo incontro ufficiale con il neo-presidente degli industriali Orsini, che sulle agevolazioni si è fatto sentire fin dal primo discorso programmatico – siamo a un ottimo punto: siamo riusciti a definire un provvedimento che superasse dei vincoli che avrebbero escluso alcune imprese dei settori energivori”. Il decreto attuativo per dare il via libera alla piattaforma dove richiedere gli incentivi “già questa settimana andrà alla concertazione con gli altri ministeri: il ministero dell’Economia e quello dell’Ambiente. E poi andrà alla registrazione della Corte dei Conti. Credo – ha aggiunto il meloniano – che entro il mese di giugno tutto sarà pienamente definito”. Il ministro ha invitato le imprese a programmare in tranquillità gli investimenti in Industria 4.0 e 5.0 per la seconda parte del 2024.

Eppure i ritardi di questi primi mesi dell’anno – tra il momento dell’annuncio delle risorse e quello della effettiva possibilità di richiederle – hanno fatto i loro primi danni. Con gli incentivi non ancora operativi, le imprese interessate hanno ritardato in via cautelativa gli ordini. “Una situazione in stand-by da troppi mesi – spiega la presidente di Ucimu-Sistemi per produrre Barbara Colombo – in attesa dell’operatività dei nuovi provvedimenti per la competitività. Noi costruttori continuiamo a ricevere dai nostri clienti richieste di quotazioni di offerte per progetti anche importanti che restano però in sospeso perché manca certezza sugli incentivi che saranno resi disponibili dal governo. Il Governo – aggiunge – deve mettere ordine al più presto a questo capitolo fondamentale per lo sviluppo del manifatturiero del paese così da permettere alle aziende di finalizzare i necessari investimenti in tecnologia di produzione”. Il problema, ricordano gli industriali, è anche legato alla tempistica che intercorre tra il momento dell’ordine dell’impianto e la sua effettiva consegna, spesso dilatata da una molteplicità di fattori come globalizzazione a singhiozzo, attacchi Houthi nel Mar Rosso, materie prime che scarseggiano o mancanza di professionisti competenti. Tutta una serie di criticità che rallenta gli ordini, alle quali i ritardi del governo aggiungono un ulteriore grattacapo per le imprese.

 

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