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Andrea Tozzi, amministratore delegato di Tozzi Green

C’è anche Tozzi Green tra le società che rischiano di vedersi sospendere alcuni progetti per l’eolico e il fotovoltaico in Sardegna. L’azienda di Ravenna, 109 milioni di ricavi nel 2022, è tra i principali gruppi italiani nel settore delle energie rinnovabili e tra i maggiori al mondo nell’elettrificazione rurale, ambito nel quale ha sviluppato grandi progetti in Perù e Madagascar. «Questa moratoria è una doccia fredda e un brutto segnale» dice l’amministratore delegato Andrea Tozzi.

Dalla Regione spiegano che sono a favore dell’energia verde, ma non quella senza regole.

È vero che servono regole e occorre rispettarle. Questa moratoria però è decisamente in controtendenza rispetto a tutti gli obiettivi che l’Italia si è data sul fronte dell’energia verde. Ci siamo impegnati ad aggiungere 70 gigawatt di capacità rinnovabile entro il 2030 e ogni Regione deve dare il suo contributo, naturalmente in base alle condizioni di ventosità e irraggiamento. La Sardegna da questo punto di vista è una delle Regioni virtuose, ma può fare molto di più: ha un territorio molto vocato all’eolico e al fotovoltaico, soprattutto in aree interne remote, dove gli impianti non disturbano la popolazione, il turismo e le altre attività. È un brutto segnale politico e non è l’unico.

Che cosa intende?

Continuano a non uscire i decreti FER X e FER 2, i testi che devono indicare rispettivamente quali saranno le tariffe incentivanti per le fonti rinnovabili consolidate e quelle per le rinnovabile più innovative, tra cui l’eolico offshore e il fotovoltaico galleggiante. Si continua a parlare di decreti in arrivo ma non sono ancora usciti. Nel frattempo la Francia ha appena completato la prima asta al mondo per un parco pilota di eolico galleggiante da 250 megawatt, chiusa tra l’altro con una tariffa molto sfidante, a soli 86,45 euro per megawattora. In Italia abbiamo tantissime richieste di connessione alla rete: vogliamo davvero lasciare sviluppare i progetti? Non capisco le motivazioni di questi ritardi e questa incertezza penalizza chi come noi sta facendo progetti.

Anche sull’agrivoltaico c’è stata molta confusione ultimamente.

Ho visto il decreto, purtroppo mi sembra non molto chiaro, speriamo che quando lo trasformeranno in legge lo diventi di più. Sembrano salvi i procedimenti in itinere e quelli che hanno avuto la valutazione di impatto ambientale. L’agrivoltaico è una soluzione perseguibile, agricoltura e produzione di elettricità si possono conciliare. Noi da oltre dieci anni a Sant’Alberto di Ravenna abbiamo aperto un grande prato pascolo, 70 ettari di terreni dove pascolano ovini, si produce fograggio per sfamarli e allo stesso tempo con i pannelli ad altezza adeguata si produce energia elettrica, con 35 megawatt di potenza installata. Si può fare, ma non si possono aumentare gli investimenti se le regole cambiano in continuazione. Tra l’altro si calcola che basterebbe destinare alla produzione di energia lo 0,6% della superficie agricola nazionale per raggiungere gli obiettivi sulle rinnovabili per il 2030.

Una famiglia peruviana che ha avuto accesso all'elettricità con le soluzioni Tozzi Green

Una famiglia peruviana che ha avuto accesso all’elettricità con le soluzioni Tozzi Green – Tozzi Green

Quei 70 gigawatt aggiuntivi per il 2030 le sembrano un obiettivo realistico?

Non abbiamo ancora il passo giusto per raggiungerlo: l’anno scorso abbiamo realizzato circa 6 Gw, la Germania quasi 18… L’obiettivo non è irrealistico, certo è sfidante ma credo che ci si possa provare. Per riuscirci però serve più collaborazione tra governo ed enti locali sui piani concreti da realizzare nei prossimi anni, con regole certe, chiare e condivise. Permetterebbe anche di accelerare i tempi: oggi tra la presentazione di un progetto e l’autorizzazione passano in media dai cinque ai sette annim, ai quali vanno aggiunti circa altri due anni per realizzare il tutto.

Come si può trovare l’equilibrio tra le richieste dei territori e l’urgenza di sviluppare i progetti?

Difficile, qualcuno rimane sempre insoddisfatto, ma è vero che ci sono già molti limiti: i vincoli, le carte tematiche, le compensazioni ai Comuni… Ci sono già i presupposti per fare progetti che abbiano senso e convincano tutti. Poi magari qualcuno sarà comunque scontento. A molti sfugge che stiamo cercando di sostituire le fonti fossili con le rinnovabili per due motivi: la necessità di ridurre le emissioni e quella di smarcarsi dal punto di vista geopolitico dalla dipendenza da altri Paesi. Le tecnologie sono competitive, i prezzi molto bassi, abbiamo tutti i presupposti per farcela.



 

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