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Nicola Bloise, classe 1957, di Morano Calabro, come quasi tutti i giovani del suo tempo, per studiare e fare esperienze che arricchiscono la propria personalità è andato a Roma facendo la vita dello studente “fuori sede” con tanti sacrifici per conseguire una laurea in ingegneria civile.

Dopo un po’ di anni di libera professione tra Roma e la Calabria, vince un concorso pubblico a Firenze ed entra nella Regione Toscana come ingegnere in Anas.

Bloise è il papà della rinascita del centro storico di Morano. Il papà di un modello che ha fatto scuola. Lo incontriamo nel cuore del “Nibbio”, dove tutto è cominciato. E dove il l’ingegnere ha segnato una vera e propria svolta.

Ma come e perché ad un certo punto l’ingegner Bloise interviene su Morano?
«Tre o quattro volte l’anno da Firenze scendevo con la mia famiglia e vedevo il mio paese che invece di progredire soffriva di una visibile involuzione, lo svuotamento e l’abbandono erano imprescindibili e gli stessi miei compaesani erano felici di abbandonare le vecchie case dei loro antenati per sposare nuovi stili di vita. Il boom economico entrato nel Dna della gente convinse quasi tutti a lasciare il centro storico a vantaggio della creazione di nuovi agglomerati urbani per lo più abusivi, una vera e propria rottura del cordone ombelicale che li legava al loro luogo di nascita sembrò l’unica via di uscita per un riscatto sociale».

Deve essere stato uno spettacolo molto triste.
«Questo fenomeno mi sconvolse non poco, il fatto che loro non percepissero l’armonia di quei luoghi che stavano abbandonando mi face riflette su quali strategie mettere in atto per scongiurare che il posto nel quale sono nato, rimasto sempre nel mio cuore, venisse consegnato all’oblio sull’altare dell’ignoranza».

L’azione dell’ingegner Bloise si fonda su una fondamentale filosofia di vita.
«Io sono convinto che una persona che riesce a sintonizzare animo e cuore raggiunge gli obiettivi che si prefigge, specie se questi coincidono con i sogni ed aderiscono allo stile di vita del promotore dell’azione, in tal caso il progetto diventa “Progetto di vita”, potente in quanto parte dal nostro intimo e può coinvolgere le persone migliori, quelle che riescono a percepire la tua energia positiva».

Stiamo parlando della Calabria di oltre 20 anni fa.
«Era per l’appunto la Calabria di 23 anni fa, un “popolo” in attesa di illusori modelli industriali, di assunzioni di massa nelle pubbliche amministrazioni, clientelismi e assistenzialismi vari. Non era facile far capire a costoro che la vera loro industria era l’ambiente, il paesaggio, l’architettura, la storia e l’arricchimento culturale».

Erano cose inaccettabili.
«Ovviamente io ero un “eretico”, che sognava la rinascita del proprio paese su queste basi, unendo l’ambiente naturale, senza il quale è improbabile qualunque tipo di sviluppo, con l’ambiente antropizzato, ricco di storia e di un vissuto umano straordinario in quanto l’uomo non può essere disgiunto dal contesto nel quale vive. La più grande crisi dell’umanità, ormai alle porte, è rappresentata proprio dalla rottura di questo equilibrio ad opera dell’uomo».

E così prende forma  “Il Nibbio”.
«Il Nibbio è nato come sfida culturale, per riappropriarsi dei luoghi che gli altri abbandonavano, per riprogettarli, restituendogli dignità, una nuova prospettiva, un riscatto dignitoso per riconsegnarli alle future generazioni come luoghi ove crescere e non da dove scappare».

Un’idea straordinariamente interessante, praticamente una rivoluzione culturale.
«Con tutta la mia famiglia, e alcuni amici abbiamo avviato questo progetto di rinascita di Morano. Del resto come sarebbe stato possibile spiegare tutto questo ad un popolo che correva in direzione opposta?».

Il Nibbio oggi è diventato “un modello”, un punto di riferimento non solo a livello nazionale. Una trasformazione culturale che ha pochi esempi.
«Come peraltro erano i nostri intenti, un’associazione che non persegue scopi di lucro è il motore del progetto, un intero quartiere recuperato, trenta case interessate, con la creazione di un “museo naturalistico” diffuso, un sistema di “ospitalità diffusa”, spazi comuni di aggregazione, organizzazione di eventi culturali e le nostre botteghe artigiane necessarie per poter realizzare le opere in autocostruzione utilizzando tutti i materiali di recupero di cui gli abitanti si disfano volentieri. Una sorta di “comunità creativa”, accogliente e in crescita costante».

L’idea potrebbe essere replicata in altri centri calabresi che si stanno spopolando con una rapidità spaventosa.
«Il “Modello Nibbio”, è sicuramente esportabile negli altri centri storici della Calabria in rapido abbandono. Per questo, in modo disinteressato, siamo disponibili ad aiutare tutti coloro che vogliono riscattare il proprio paese».

C’è un nuovo interesse nell’entroterra calabrese. In tanti vogliono reagire alla spaventosa cancellazione della millenaria storia dei nostri borghi.
«Siamo stati già contattati da giovani guidati da sentimenti puri che vogliono avviare questo percorso.  Ovviamente, oltre ad avere la volontà di farlo e le capacità progettuali necessarie, occorre avere capacità di azione, l’uso delle mani diventa fattore determinante quando si fanno delle scelte forti come quelle che noi abbiamo fatto».

L’ingegnere Bloise ha fatto tutto senza risorse finanziarie pubbliche. Non deve essere stato facile…
«Solo all’avvio del progetto abbiamo chiesto ed ottenuto dalla Regione Calabria un modesto finanziamento con fondi Por, importante solo per l’avvio di una prima struttura del museo e del tutto irrilevante rispetto all’entità del complessivo progetto. Questa situazione, che da un lato sembrava molto vantaggiosa, da un altro punto di vista non risultava perfettamente aderente alla mia filosofia e mi ha subito portato ad una riflessione.  Il dilemma era il seguente: se io voglio stimolare i calabresi a trovare forza in sé stessi, come faccio a giustificare il fatto che per realizzare il mio progetto ho bisogno di aiuti economici?».

A questa riflessione la risposta è stata netta e chiara.
«Sì, ho posto subito rimedio non accettando da quel momento finanziamenti pubblici. Da allora il progetto è cresciuto a velocità sorprendente, e realizzare tutto in “autocostruzione” mi dà un senso di gratificazione straordinaria, ed ora lavoriamo tutti con grande soddisfazione e riusciamo ad aggiungere circa due nuove strutture all’anno. Il progetto vola».

Grazie al Nibbio, a Morano arrivano in tanti alla scoperta di storia, cultura e paesaggi mozzafiato.
«Oggi a Morano ospitiamo persone da tutto il mondo, un turismo di alto livello fatto di persone sensibili, amanti della cultura e dell’ambiente, un turismo vero e non un “teatrino turistico” dove l’obiettivo principale è quello di portare gente».

Ma non è finita qui.
«Sono in corso di realizzazione altre strutture museali e luoghi di aggregazione sociale».

 

 

 

 

 

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