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Overtourism. Ossia troppismo: troppi turisti, troppi negozietti più o meno di souvenir-ciarpame per turisti, troppi kebbabari-ristopizzerie-bar con piatti pronti surgelati per turisti. E troppo pochi esercizi commerciali e artigianali per i residenti superstiti, sempre più convertiti in affittacamere per soggiorni brevi turistici. E allora tutti contro l’overtourism, in una guerra santa a difesa dei centri storici, dei tessuti sociali, del vivere civile. Da qui i numeri chiusi degli ingressi, il controllo dei flussi, i ticket. Eppure…

Pambianconews informa che l’Economic Impact Research (Eir) 2024 del World Travel & Tourism Council (Wttc) ha analizzato il settore italiano dei viaggi e del turismo, conteggiando un valore del comparto nel 2023 pari a 215 miliardi di euro, ovvero il 10,5% della produzione economica totale italiana. E la stima per il 2024 indica un valore di 223,1 miliardi, riaffermando quindi il ruolo centrale del settore nell’economia italiana, rappresentando quasi l’11% dell’economia totale.

Altri dati: l’anno scorso il turismo ha generato 185mila nuovi posti di lavoro e quest’anno si prevede che verranno impiegate altre 100mila persone, per raggiungere quasi 3,1 milioni di occupati a livello nazionale. Per quanto riguarda la spesa dei turisti nella Penisola, Wttc stima che il budget dei viaggiatori internazionali continuerà a crescere, totalizzando quest’anno 56,7 miliardi di euro, mentre la spesa dei visitatori nazionali raggiungerà i 119 miliardi. Le prospettive per il prossimo decennio sono “eccezionalmente brillanti”, si legge in una nota del Wttc: “Entro il 2034, si prevede che il settore darà un impulso significativo all’economia italiana, contribuendo con un massimo storico di 270 miliardi di euro. Continuerà inoltre ad essere un’importante fonte di creazione di posti di lavoro, arrivando a occupare 3,56 milioni di persone a livello nazionale, pari a un lavoratore su sette”.

Overtourism e Pil. E allora? Meglio dirlo subito: una soluzione non c’è. Si può tentare di dirigere i flussi, di incentivare mète alternative, circuiti decentrati, date diverse, ma la sostanza non cambierà di molto, perché svitare la testa della gente e riavvitarla in maniera diversa non è facile. Per di più in un settore punta di diamante della produzione del Pil, come si è visto, dove qualsiasi correttivo può portare a conseguenze imprevedibili.

Adesso, l’istituto Demoskopika ha varato un’analisi dettagliata delle destinazioni italiane più a rischio di overtourism. L’Indice complessivo di sovraffollamento turistico (Icst), attualmente in fase sperimentale, utilizza cinque indicatori per valutare l’impatto del turismo su diverse città e regioni italiane, rivelando una volta di più come il turismo eccessivo possa influire negativamente sulle comunità locali e sull’ambiente. La ricerca si è concentrata sulle principali città e mete turistiche italiane come Venezia, Firenze, Roma e Milano, sottolineando anche i rischi per destinazioni come Bolzano, Livorno, Trento e Verona. Secondo l’analisi di Demoskopika, molte di queste città rientrano nel livello “molto alto” dell’Icst, con preoccupazioni per la qualità della vita locale e la sostenibilità turistica. L’Icst si basa su cinque indicatori principali: densità turistica, densità ricettiva, intensità turistica, occupazione delle strutture e quota di rifiuti generati. Le città sono state classificate in tre livelli di rischi: livello molto alto (Rimini, Venezia, Bolzano, Livorno, Trento, Verona, Napoli), livello alto (Milano, Savona, Ravenna, Roma, Trieste, Imperia, La Spezia, Grosseto, Firenze, Gorizia, Aosta, Forlì-Cesena), livello moderato (Siena, Monza della Brianza, Brescia, Padova, Genova, Sassari, Vibo Valentia con Tropea, Lucca, Pistoia, Como, Bologna, Pisa, Pesaro e Urbino).

Chi non rientra vorrebbe far parte di questa classifica, quantomeno per ravvivare l’economia locale, e chi è dentro vorrebbe tirarsene fuori. Ma sembra tutto inutile: sono mercati e turisti a dettare le regole. Basta vedere i risultati del ticket d’ingresso varato a Venezia: se possibile, le presenze sono perfino aumentate: in otto giorni sono stati raccolti gli incassi che erano stati previsti in otto mesi.

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