Qui gli interventi sono collegati alla recente creazione di una unica zona economica speciale (ZES), che dal 1° gennaio 2024 abbraccia tutte le regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna), venendo così ad unificare le più ridotte otto aree che già si erano istituite in precedenza. Si tratta di una misura pensata in origine per favorire lo sviluppo delle reti europee di trasporto (i cosiddetti “corridoi” che, una volta completati, attraverseranno l’Europa da Lisbona a Mosca, o da Palermo alla Svezia, o da Genova ad Edimburgo).
Il decreto Coesione, infine, contiene due misure che intervengono ad integrare norme di recente emanazione.
Nel caso di appalti pubblici, è previsto che il responsabile della verifica della corretta esecuzione ne risposta sul piano disciplinare, nonché del danno eventualmente arrecato alla stazione appaltante, mentre si applica una sanzione da mille a 5.000,00 euro nel caso di appalti privati, che superino però l’importo di euro 70.000,00.
Questi indici di congruità sono stati sperimentati nel settore dell’agricoltura e sono il risultato di una proporzione fra i lavori effettivamente eseguiti e il numero di dipendenti dichiarati: ove dal rapporto emerga che il singolo lavoratore ha “fatto per due”, si presuppone che vi sia stato ricorso a lavoro in nero. Si tratta, quindi, di una misura che, ove gli indici vengano ad essere elaborati correttamente, non dovrebbe spaventare troppo gli imprenditori onesti o quanti si trovino a svolgere “in economia” (e cioè con gestione diretta degli operai) lavori di manutenzione sulla propria abitazione.
La piattaforma aspira, peraltro, al monopolio dei servizi “di collocamento”, tanto che al comma 2 dello stesso art. 26 si prevede che nel sistema gestito dall’INPS «sono inserite anche le posizioni vacanti pubblicate dai datori di lavoro su piattaforme pubbliche nazionali e internazionali» e che ad esso devono essere iscritti anche quanti percepiscono l’indennità di disoccupazione (NASpI) o la DIS-COLL (e cioè il trattamento previsto per i parasubordinati). Pure si ammette che i disoccupati possano accedere alla piattaforma per svolgere le ricerche utili a trovare un impiego.
In questo modo viene altresì consentito anche il monitoraggio delle attività formative svolti dagli enti accreditati (verificando quanto in concreto esse siano utili al reimpiego dei disoccupati) al fine di attribuire ad ognuno di essi un punteggio in termini di performance. Né il sistema resta insensibile alle novità tecnologiche più avanzate, tanto che al comma 3 si prevede l’utilizzo «nei limiti consentiti dalle disposizioni vigenti» di strumenti di intelligenza artificiale per l’abbinamento ottimale delle offerte e delle domande di lavoro inserite sulla piattaforma. In questo modo, dovrebbe venire individuata una più ristretta cerchia di possibilità per operare più facilmente l’incontro fra chi cerca e chi offre lavoro, sulla base di criteri non dissimili da quelli che già da tempo offrono, per es., a chi naviga su internet il link a pagine che trattano argomenti affini rispetto a quelle che al momento si stanno consultando.
L’aspetto tecnologico, come ognuno può intuire, è centrale poiché è solo con la creazione e lo sviluppo di una piattaforma unica che le politiche per il lavoro potranno finalmente far registrare quel passo in avanti che si attendeva da due (o forse tre) decenni, anche se rimarrà sempre la necessità di una corretta “profilatura” dei disoccupati al momento dell’iscrizione al sistema, onde evitare che qualcuno, per trovare in fretta lavoro, spacci competenze professionali di cui è in realtà privo.
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