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Avv. Federico Casa, Socio fondatore Studio legale Casa & Associati

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Avv. Federico Casa, Socio fondatore Studio legale Casa & Associati

Il caso è questo: Alfa affida a Beta incarico affinché quest’ultima le procuri un finanziamento bancario, promettendole – quale compenso per l’attività svolta – una percentuale determinata sulla somma erogata dalla banca. Beta segnala quindi ad Alfa un istituto di credito con il quale Beta intrattiene buoni rapporti; Beta poi si disinteressa della questione.

Nel frattempo, Alfa redige un piano industriale, lo illustra in completa autonomia alla banca con la quale aveva nel frattempo preso contatti ed ottiene il finanziamento, senza che Beta abbia svolto alcuna attività se non quella di segnalare ad Alfa la banca. Beta pretende il compenso pattuito per la mediazione; Alfa non intende corrisponderlo per le seguenti ragioni.

È mediazione creditizia?

Alfa ritiene che l’attività svolta da Beta possa essere ricondotta al contratto di mediazione creditizia, oggi disciplinato dall’art. 128-sexies T.U.B. siccome introdotto dal D.Lgs. 141/2010, e si rende conto ed accerta che Beta non è iscritta nell’elenco degli Intermediari Finanziari né negli elenchi dell’O.A.M (“Organismo Agenti e Mediatori Creditizi”), né in alcuna sezione speciale della Camera di Commercio competente; si avvede altresì che l’oggetto sociale di Beta nemmeno prevede lo svolgimento di attività finanziaria, se non via accessoria e pertanto, ricevuto il sollecito di pagamento da parte di Beta, le contesta tali circostanze rifiutando il pagamento della somma richiestale da Beta.

Quest’ultima si difende sostenendo che la richiesta di pagamento è intervenuta entro l’anno dall’erogazione del finanziamento, che il suo diritto di ottenere la provvigione è previsto dall’art. 1754 c.c. dettato in tema di mediazione e che ex art. 2950 c.c. il diritto non è prescritto.

Quando è abusivismo

Occorre subito sgombrare il campo da alcuni possibili equivoci.

L’attività svolta da Beta non rientra in alcun modo in quella di cui all’art. 106 T.U.B., poiché non è attività “finanziaria” in senso stretto.

Inoltre, non rileva tanto che Beta non abbia svolto alcuna attività, né che il finanziamento sia stato concesso per effetto della sola opera di Alfa, e nemmeno che esso sia stato erogato in ritardo rispetto a quanto promesso: quel che rileva, riconducendo il predetto rapporto all’istituto della mediazione creditizia, è che si tratta di contratti nulli ex art. 1418 c.c. e che l’art. 140-bis T.U.B. fa rientrare la mancata iscrizione all’albo fra i casi di “abusivismo” (bancario e finanziario) prevedendo la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da euro 2.065 a euro 10.329 per chiunque eserciti professionalmente, nei confronti del pubblico, l’attività di mediatore creditizio, senza essere iscritto nell’elenco, di cui all’articolo 128-sexies, comma 2, T.U.B.

In ogni caso, anche ove non li si volesse considerare nulli perché, seguendo alcuna giurisprudenza di merito “la violazione di una norma imperativa, ancorché sanzionata penalmente, non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto” (così App. Venezia 518/2018), certamente quella violazione determinerebbe “la non insorgenza del diritto alla provvigione ed eventualmente l’applicazione di una sanzione amministrativa” (ibidem). Ma procediamo con ordine.

Il mediatore creditizio vs. il mediatore ordinario

Quanto al mediatore creditizio, stabilisce l’art. 128-sexies T.U.B. (così come già prevedeva l’art. 2 del D.p.r. 287/2000) che “è mediatore creditizio il soggetto che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari previsti dal Titolo V con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma”.

Il comma 4 della disposizione citata aggiunge che “il mediatore creditizio svolge la propria attività senza essere legato ad alcuna delle parti da rapporti che ne possano compromettere l’indipendenza”.

Dunque, la struttura dell’istituto “mediazione creditizia” appare, almeno prima facie, perfettamente sovrapponibile con quella della “mediazione ordinaria” di cui all’art. 1754 c.c.

In realtà, il fatto che la prima figura, diversamente dalla seconda, sia rimasta attività riservata, con la permanenza dell’obbligo di iscrizione in apposito elenco per coloro che intendono svolgerla (la qual cosa invece risulta superata, quantomeno per talune categorie di mediatori codicistici dal D.Lgs. 59/2010), suggerisce che le due figure si differenziano grandemente, quantomeno nei loro presupposti soggettivi: può infatti qualificarsi mediatore creditizio solamente colui che è iscritto in apposito elenco (lo prevede espressamente il comma 2 dell’art. 128-sexies T.U.B. secondo cui “l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’attività di mediatore creditizio è riservato ai soggetti iscritti in un apposito elenco tenuto dall’Organismo previsto dall’articolo 128-undecies”).

Quanto poi alle conseguenze che la doverosità dell’iscrizione – e l’eventuale esercizio di attività mediatizia in sua assenza – determina sul diritto del mediatore creditizio alla provvigione, si è detto sopra che, oltre alle ulteriori condizioni dettate per la “mediazione codicistica”, vale a dire: l’esercizio dell’attività mediatizia, la conclusione dell’affare, un nesso causale fra l’attività del mediatore e l’affare intermediato, l’iscrizione al relativo elenco costituisce condizione indefettibile, tanto è vero che la giurisprudenza di legittimità ha sempre consentito la ripetizione delle somme pagate in esecuzione di contratti di mediazione stipulati da soggetti non autorizzati (cfr. di recente, ancorché in fattispecie non del tutto sovrapponibile a quella sin qui descritta, Cass. n. 29506/2023 per cui il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio – secondo la normativa vigente ratione temporis – discendendo da una norma imperativa, costituisce requisito di validità del contratto di mediazione e pertanto “la mancata iscrizione del mediatore all’albo non solo comporta l’esclusione del diritto alla provvigione ma determina la nullità del contratto di mediazione medesimo per violazione di una norma imperativa” conforme a Cass. n. 14971/2022; Cass. 8581/2013).

Nel caso descritto, pertanto, è pur vero che Alfa ha tratto un qualche beneficio per effetto dell’opera svolta da Beta – e, d’altro canto, l’attività tipica del mediatore è la messa in relazione di “due o più parti per la conclusione di un affare”.

Eppure, se Beta e il suo legale rappresentante non risultano entrambi iscritti negli appositi elenchi siccome imposto per l’attività di mediazione creditizia dall’art. 128-sexies TUB, il diritto alla provvigione in capo a Beta, pur contrattualmente pattuito, non sorge.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop

 

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