ROMA – La conta dei cocci va in scena al Senato alle nove di sera. Nel corridoio che circonda la commissione Finanze spunta Maurizio Gasparri: “Grazie a noi la Sugar tax sarà rinviata di un anno, fino al primo luglio del 2025”. Non sa, il senatore di Forza Italia, che il ministero degli Esteri guidato da Antonio Tajani, il capo del suo partito, sarà quello che dovrà pagare più di tutti per far slittare l’introduzione della tassa sulle bevande zuccherate.
Ma è quando si passa alle rivendicazioni sul Superbonus che il volto di Gasparri si fa cupo. Appena pochi minuti prima il voto della commissione sull’emendamento del governo al decreto “blocca crediti” ha sancito il risultato della disfida velenosa con il Tesoro.
Isolata e schiacciata, Forza Italia. Costretta a cedere di fronte al muro che Giancarlo Giorgetti ha tenuto alto e solido per dodici ore, tanto quanto è durato l’assalto degli azzurri che sono arrivati a minacciare il voto contrario, quindi la tenuta del governo, in assenza di un segnale da parte del ministro dell’Economia. Che invece ha respinto i subemendamenti dei forzisti a colpi di pareri contrari.
A Tajani l’aveva ripetuto più volte negli scorsi giorni: la stretta alla spesa per i bonus edilizi non si può allentare per ragioni di campagna elettorale. E l’esito delle votazioni a Palazzo Madama conferma che l’obiettivo è stato portato a termine. Perché la mini-retroattività dello “Spalma detrazioni”, al primo gennaio, resta invariata, così come resta immutato il divieto per le banche di utilizzare i crediti d’imposta in compensazione con i debiti per i contributi previdenziali.
Eppure gli azzurri ci hanno provato per tutto il giorno. Partendo, al mattino, con la minaccia di mandare sotto il governo, in commissione. E finendo per astenersi. Hanno messo sì in forte difficoltà gli alleati e la premier Giorgia Meloni, che non ha affatto gradito l’azzardo. Ma alla fine la carta è risultata “fiacca” perché non ha avuto l’effetto dirompente che era stato brandito.
Prima il senatore Pietro Patton (Autonomie) lascia la commissione dopo aver incassato il volto favorevole ad un proprio emendamento.
Poi a salvare la maggioranza ci pensa Italia Viva. Accade tutto in pochi minuti, a sera. La senatrice Dafne Musolino si stacca dal fronte delle opposizioni e vota sì all’emendamento insieme a Fratelli d’Italia, Lega e gli altri gruppi parlamentari che sostengono il governo.
È un sì decisivo perché compensa l’astensione di Claudio Lotito, unico rappresentante di FI in commissione. Finisce così 9 a 8 per la maggioranza, tra le proteste di Pd e 5 Stelle che accusano il governo di aver “comprato il voto di una senatrice”. Ma è solo l’ultimo colpo di scena di una giornata che ha costretto gli alleati ad una clamorosa forzatura per aggirare la strategia di Tajani.
Ci prova il partito della premier. Il capogruppo Lucio Malan scrive al presidente del Senato Ignazio La Russa per chiedere il “prelievo” del senatore Salvatore Sallemi dalla commissione Giustizia. In questo modo – è la strategia – i componenti della commissione Finanze, dove Sallemi approda, salirebbero da 19 a 20 in modo da neutralizzare il possibile passo indietro di Lotito.
Il “trasloco”, però, non riesce. Serve prima un passaggio in aula. Che arriva, ma che ferma il disegno di FdI: La Russa annuncia che il trasferimento di Sallemi “non sarà valido oggi”. Tocca a Palazzo Chigi provare a fermare FI, con il rinvio di sei mesi della sugar tax, fino al primo gennaio 2025. Forza Italia resta impassibile. Fin quando al Tesoro si mettono insieme le coperture per posticipare ulteriormente l’avvio della tassa, al primo luglio 2025.
Ma è quando la commissione si riunisce per l’ultimo atto che i forzisti devono alzare bandiera bianca: i subemendamenti sul Superbonus sono diventati carta straccia. Cocci.
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