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Così un nuovo governo non dovrebbe farsi remore nel portare avanti una normativa del precedente esecutivo ampiamente condivisa, senza preclusioni ideologiche. Ma così non è stato per il Family Act, la legge delega approvata il 6 aprile 2022 dal governo Draghi all’unanimità, con la sola astensione di bandiera di Fratelli d’Italia, che era l’unico partito d’opposizione e non se la sentiva di votare a favore anche se non aveva nulla da obiettare. Quel progetto è finito nel dimenticatoio e poi è stato lasciato scadere proprio ieri, il giorno della festa della mamma, per finire nel cestino.

Le quattro deleghe previste dalla cornice legislativa infatti non sono mai state attuate. Avrebbero dato un sostegno organico alle famiglie, alle donne lavoratrici e ai giovani. Per dirla in parole povere avrebbero riformato, per non dire rivoluzionato, il sistema di Welfare, contribuendo a incentivare la natalità. Una vera e propria «riforma strutturale, integrata, sistemica per le politiche familiari, che mette al centro le nuove generazioni e l’educazione, promuovendo pari opportunità per le donne e per gli uomini e dà prospettiva e futuro al Paese». Questo si leggeva nell’introduzione ai nove articoli. Ne è rimasto solo un pezzetto, non certo irrilevante in verità, quell’assegno unico per i figli concepito dal governo delle larghe intese del premier Draghi e del ministro Elena Bonetti e che il governo Meloni accettò di rifinanziare. Ma a parte l’assegno unico quel che rimane delle quattro deleghe rimarrà perso per sempre, come lacrime nella pioggia.

«Non sono le tavole della legge», ha commentato l’attuale ministro Roccella, che ha rivendicato un diverso piano per le famiglie, più caratterizzato dall’attuale maggioranza di governo. Più «meloniano» insomma, o «roccelliano» che dir si voglia, sul quale era più possibile piantare la bandiera dell’attuale maggioranza. Si tratta però di misure una tantum: dunque è svanito il progetto di trasformare strutturalmente il sistema fiscale e di Welfare italiano a misura di famiglia. Non saremo mai come la Francia, o i Paesi scandinavi, o la Germania, che in questo campo sono avanti da decenni.

C’era davvero tanto nelle deleghe mai attuate del Family Act: agevolazioni prima casa a vantaggio dei giovani per favorire l’autonomia abitativa (in modo da mettere fine al fenomeno dei «bamboccioni»), l’aumento dei congedi parentali (con l’estensione fino ai 14 anni dei figli) con equa distribuzione tra madre e padre (il cui congedo arrivava fino a tre mesi), permessi retribuiti in caso di malattia dei figli, indennità obbligatoria del congedo di maternità fino all’80 per cento, numerosi bonus per l’istruzione, le spese di assistenza familiare, per i servizi domestici e soprattutto molte misure finalizzate a conciliare lavoro e vita familiare, oltre che per incentivare l’occupazione femminile. C’erano persino agevolazioni per le spese necessarie ai viaggi di istruzione, per lo sport, il teatro, la musica, per gli strumenti digitali necessari allo studio, fino al potenziamento degli strumenti di sostegno alle famiglie con figli e a quelle con figli con disabilità.

Il ministro Roccella l’ha definito con una punta di disprezzo «un catalogo delle buone intenzioni». Ma quel catalogo nel resto d’Europa funziona ed è già una realtà. Con il governo Meloni si torna indietro a logiche di bonus, anche importanti (si stima una cifra di oltre 19 miliardi, includendo però il taglio del cuneo fiscale per una ristretta fascia di lavoratori). Ma nulla è rimasto di quel grande Piano delle Famiglie che doveva riportarci in Europa. La Francia ad esempio, che ha una media di tre figli per nucleo familiare, ha un sistema come quello previsto dal Family Act, ovviamente diverso e più ampio. E pensiamo alle politiche di sostegno occupazionale della Germania a favore dei giovani. La filosofia del Family Act era pensare a un sistema di Welfare non solo a vantaggio dei nuclei familiari ma di tutta la costellazione che ruota intorno alla famiglia, accompagnando i nuovi nati, dalla culla fino al primo lavoro e persino alla prima casa. Un modo per combattere il fenomeno della denatalità e dell’inverno demografico, per incoraggiare i genitori ad avere figli. Si è persa un’occasione, forse perché – anche se questo la ministra Roccella non lo dice – non c’erano i soldi. Ma la politica è anche redistribuzione delle risorse. E ancora una volta per la famiglia le risorse non ci sono. Ancora una volta le logiche di consenso hanno prevalso su quelle di politica alta.

 

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